“Occorre attivare subito una sinergia tra gli attori territoriali in grado di puntare prima di tutto sugli elementi di forza che sono turismo, cultura e agricoltura”, l’appello di don Nicola Macculi
Il coronavirus segna non solo la mappa dell’epidemia ma anche la crescita vertiginosa delle povertà. Il quadro disegnato dall’arcidiocesi di Lecce rivela numeri che finora non si erano mai visti. Fino allo scorso gennaio le persone soccorse con cibo e alloggio erano al 20 per cento italiane e all’80 per cento extracomunitarie. Oggi i termini della proporzione sono cambiati: negli ultimi 2 mesila percentuale è andata sostanzialmente equiparandosi e oggi la percentuale degli italiani è salita al 70 per cento, affiancata dal restante 30 per cento di stranieri extra Ue. «I dati rispecchiano una realtà piena di aspettative – conferma il responsabile della Caritas diocesana don Nicola Macculi– speriamo che con la ripresa delle attività questa emergenza sulle necessità primarie possa allentare. Una nuova classe di poveri si sta affacciando – osserva – basta guardare agli Stati Uniti d’America dove sono già 22 milioni i nuovi poveri che hanno chiesto un sussidio. Nel Salento c’è il rischio che molte aziende possano chiudere e tantissime persone possano restare senza lavoro da qui a breve – è il suo allarme – per questo occorre attivare subito una sinergia tra gli attori territoriali in grado di puntare prima di tutto sugli elementi di forza che sono turismo, cultura e agricoltura. Penso ad esempio all’incentivazione di vacanze per le famiglie italiane che potrebbero ridare respiro ai settori della ricettività alberghiera e della ristorazione, alla trasformazione di terreni agricoli colpiti da Xylella con colture che si adatterebbero bene a questi climi come il caffè, oppure all’allargamento della platea di fruitori del patrimonio artistico, ecclesiastico in primis».
L’arcidiocesi leccese assiste gli indigenti con sei mense, di cui cinque ubicate a Lecce città (la Casa della carità in via Corte dei Rodii, le Suore Vincenziane di via Petraglione, la parrocchia di Santa Rosa, quella di San Lazzaro e quella di San Giovanni Battista zona 167/B) e una a Squinzano (parrocchia San Nicola). Poi è attiva con cinque punti di ristoro serali distribuiti tra Lecce (in via Marco Basseo nel centro storico, a San Massimiliano Kolbe nella zona 167/C, nel convento di Sant’Antonio a Fulgenzio e al Sacro Cuore di viale Gallipoli) e Squinzano (centro interparrocchiale presso i Francescani minori).
Ogni giorno vengono serviti 450 pasti diurni e 700 ristori serali. «Per disegnare il futuro salentino nei prossimi anni – auspica don Macculi – bisogna iniettare fiducia adesso. Il Salento – conclude – ha bisogno di lavoro».
All’appello di don Nicola Macculi fanno eco Don Lucio Ciardo, responsabile della Caritas diocesana di Ugento – Santa Maria di Leuca che conferma il trend «Chiedono il nostro aiuto titolari di partita Iva e moltissimi artigiani»; e Don Giuseppe Venneri della Caritas diuocesana Nardò Gallipoli che dati alla mano conclude che «I pasti serviti a domicilio sono raddoppiati erano 90, adesso circa 200». Una situazione diffusa e allarmante che incita tutti gli attori Istituzionali a segnare in cima all’agenda progettualità per vincere le nuove povertà.
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fonte:Gazzetta del Mezzogiorno