Venne alla spiaggia un assassino è il racconto del tempo trascorso sulle barche delle famigerate ONG, trasformate in pochi mesi da alleate della guardia costiera italiana in colpevoli di ogni nefandezza
Il mare Mediterraneo si sta riempiendo di morti. Barche inadeguate e stipate all’inverosimile navigano a vista, provando a raggiungere le nostre coste. Alcune ci riescono, altre vengono riacciuffate e riportate indietro, in Libia. Altre ancora, moltissime, affondano. Ho deciso di andare a vedere. Angosciata dall’irrazionalità e dalla ferocia che spinge ministri e politici
a considerare i morti un buon esempio, un deterrente per gli altri migranti pronti a partire, mi sono imbarcata con chi invece vuole salvarli. Venne alla spiaggia un assassino è il racconto del tempo trascorso sulle barche delle famigerate ONG, trasformate in pochi mesi da alleate della guardia costiera italiana in colpevoli di ogni nefandezza. Donne e uomini che dedicano la propria vita al soccorso in mare e meriterebbero il Nobel per la pace e invece vengono insultati. Ma è anche una specie di romanzo d’avventura, la cui protagonista è convinta di fare la cosa sbagliata per lei, ma decisa a farla fino in fondo. Ci sono libri che si raccontano al ritorno, dopo essersi allontanati molto da se stessi, facendo i conti con un po’ di nostalgia, i ricordi e molta incredulità: abbiamo ceduto la nostra misericordia, la pietà, in cambio di niente. Stiamo facendo una terribile confusione tra colpevoli e innocenti. A volte è difficile capire da che parte stare, altre è facilissimo.
Elena Stancanelli (Firenze, 1965) ha scritto romanzi e racconti, tra questi Benzina (1998; Premio Giuseppe Berto), Firenze da piccola (2006), A immaginare una vita ce ne vuole un’altra (2007), Mamma o non Mamma con Carola Susani (2009) e Un uomo giusto (2011). Collabora con “la Repubblica”.