Dopo la conferenza spagnola al congresso dell’Iti Unesco, il presidente del Coordinamento teatro in carcere, Vito Minoia, vola in Russia per raccontare l’esperienza italiana a studiosi provenienti da oltre 30 Paesi, riuniti nel XII congresso dell’Associazione internazionale del Teatro universitario E’ un esperimento che nasce in Italia, fatto di contaminazioni , non solo sul palo , ma anche dietro le quinte della vita e vede un’interazione positiva tra mondo dell’arte e carcere. Oggi questa realtà , Dopo la conferenza di Segovia in Spagna per il 35mo Congresso dell’Istituto Internazionale del Teatro dell’Unesco su Etica ed Estetica del Teatro in Carcere, sbarca a Mosca. Nella capitale russa il presidente del Coordinamento nazionale Teatro in carcere, Vito Minoia, è impegnato nel XII Congresso dell’Associazione Internazionale del Teatro Universitario “Teatro e Università nel XXI secolo” (http://aitucongress.ru/en/) che vede riuniti a Mosca studiosi provenienti da oltre 30 Paesi.
“Si tratta – spiega Minoia che è anche tra i membri del Comitato scientifico promotore - di un approfondito confronto teorico e pratico che attraverso la presentazione di conferenze, spettacoli teatrali, workshops e proiezioni video fornirà lo spunto per approfondire elementi di riflessione su recenti iniziative e approcci innovativi che caratterizzano il teatro universitario e ne ridefiniscono il ruolo, la natura e l’azione nella contemporaneità”.
Al centro dell’intervento dello studioso di Teatro Educativo all’Università di Urbino ci sono anche le contaminazioni tra esterno e interno, con la consolidata esperienza di gruppi di studenti universitari che dal 1994 partecipano alla creazione di spettacoli teatrali in carcere a cui si affianca una sperimentazione ancora più innovativa: “I laboratori – si legge in una nota del ‘Teatro Aenigma’ - che a Pesaro hanno consentito a preadolescenti (ragazzi e ragazze tra gli 11 e i 13 anni) di sviluppare un’interazione creativa con detenuti e detenute. Esperienze che consentono oggi di riflettere su come il teatro, oltre a determinare un abbattimento della recidiva in chi lo pratica dietro le sbarre (gli ultimi studi ci riferiscono di una diminuzione dal 65 al 6 per cento) produce prevenzione nei ragazzi che entrando in carcere conoscono persone che non sono l’incarnazione del male ma vivono una dimensione tremenda (la privazione della libertà) che è meglio evitare”.
MMB
FONTE: redattore sociale